sabato 20 dicembre 2014

La Pro loco di Manzano ha finalmente il direttivo

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
La Pro loco di Manzano ha finalmente il direttivo
 Un’animata assemblea ha eletto il nuovo consiglio, composto da 15 elementi A giorni la scelta del presidente. Le perdite in bilancio superano i 28 mila euro
Manzano, 18 Dicembre 2014
  La Pro loco ha finalmente il direttivo. L’elezione è avvenuta l’altra sera durante un’assemblea partecipata e a tratti concitata, con qualche commento al veleno che soprattutto nelle retrovie ha animato la votazione che alla fine ha visto eletti 15 componenti del nuovo organismo.
La polemica Nonostante mesi di frecciate e contro la Pro loco la presidente uscente Evy Riva, nel sottolineare come ora si augura che i lavori del nuovo direttivo possano proseguire nella piena tranquillità necessaria per fare e programmare gli eventi del prossimo anno, non si è lasciata sfuggire l’occasione di polemizzare a sua volta sulle voci circa il nuovo presidente. «La carica non sarà decisa in piazza o in bar – ha detto – e le voci dette e scritte sono lesive della democrazia», ha dichiarato. Come da statuto, Il presidente sarà eletto a giorni alla prima riunione del direttivo dai suoi stessi componenti, non da tutti i soci o da esterni alla Pro loco.
La votazione In 15 e non in 11, come invece proposto in una prima votazione in assemblea, i componenti del direttivo che dopo la proposta di Daniele Macorig ha approvato l’aumento dei componenti. Un’ampia partecipazione e disponibilità che stride ampiamente con i soli cinque candidati dell’assemblea di luglio, che ben lontani dal numero minimo di nove avevano fatto rimandare le elezioni a tempi migliori e comunque dopo la Festa della sedia. Ora, invece, i volontari in lizza sono stati ben di più e da qui la scelta dell’assemblea - non senza qualche dissidente, che non ha mancato di far sentire la sua voce sia dentro che fuori assemblea – di aumentare il direttivo.
I componenti I 15 eletti sono Chiara Sfiligoi, Paolo Murello, Claudio De Biasio, Gastone Piasentin, Maicol Malesan, Gian Paolo Parmiani, Antonio Scarfò, Gabriella Grattoni, Ezio Cleri, Giusy Azzani, Claudio Corgnali, Samanta Schnaider, Adriano Venturini ed Evy Riva. I revisori: Angelo Valentinuzzi, Andrea Turrina, Gianni Causero.
Situazione economica In assemblea è stato anche fatto il punto sulle finanze dell’associazione, con situazione aggiornata al 31 ottobre, che comprende quindi anche i risultati economici della Festa della sedia. Il bilancio chiude con una perdita di 28.170,85 euro (i debiti comprese le posizioni aperte con i fornitori, le tasse e le ritenute ammontano a oltre 44 mila, mentre i crediti da incassare sono pari a circa 20 mila euro, cui si aggiungono oltre 3 mila di sopravvenienze passive). Della situazione coloro che si sono resi disponibili a entrare nel direttivo sono stati informati prima della sottoscrizione della candidatura.
Contributi Il maggiore sostentamento economico arriva dal Comune, che nel 2014 ha trasferito all’associazione circa 21 mila euro, cui si aggiungono la piena collaborazione e la disponibilità di servizi e logistica. Altro sponsor fondamentale per la Pro loco è la Bcc di Manzano, che da anni garantisce contributi all’attività. Silvia Riosa


il toto-presidente
Macorig: Piasentin è sostenuto da Iacumin
«L’assemblea della Pro loco ha confermato che il sindaco Iacumin anche dopo le elezioni di maggio rappresenta solo una minoranza degli elettori»: questo l’appunto di Daniele Macorig che nella veste di socio (rifondatore Pro loco ’99, come si è definito alla riunione) dell’associazione ha visto accolta dall’assemblea la sua proposta di emendamento – supportata da Lorenzo Alessio, con Macorig oggi in opposizione in consiglio – di riportare a 15 i membri del direttivo invece che 11, come da agenda condivisa da Iacumin. «Per il neocomponente Gastone Piasentin (nella foto), al quale va riconosciuto il fondamentale impegno durante l’ultima edizione della Festa della sedia e indicato come prossimo presidente con la benedizione del sindaco – incalza Macorig –, non cambierà la situazione, ma certo è importante considerare, per il prosieguo della Pro loco, il successo dei giovani, in particolare di Chiara Sfiligoi, che con 73 preferenze con Paolo Murello ha ottenuto il maggior numero di voti. Ora l’amministrazione ha il dovere di salvaguardare i nuovi eletti facendosi carico del disavanzo economico dell’associazione, che supera i 28 mila euro. Questo non appesantendo ulteriormente di responsabilità il direttivo neoeletto, evitando di dover ricorrere ad anticipazioni economiche magari da istituti bancari, che provocherebbero riduzioni drastiche dei contributi annuali consolidati negli anni, per rientrare dall’esposizione finanziaria». Impensabile per Macorig che un associazione di volontariato come la Pro loco, che beneficia di contributi pubblici e da banche per circa il 70% delle sue entrate, debba farsi carico del disavanzo degli anni precedenti. (s.r.

mercoledì 17 dicembre 2014

Genova sull’Imu agricola: «È una tassazione iniqua»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Genova sull’Imu agricola:
«È una tassazione iniqua»
Manzano, 17 Dicembre 2014
«Niente rinvio per l’Imu agricola, la nuova tassa sui terreni agricoli andava pagata entro ieri. Tassazione iniqua, discutibile in quanto non prevista dalle manovre finanziarie»:lo dice il consigliere d’opposizione Rosario Genova, che tra gli aspetti critici individua pure la decisione di determinare i terreni oggetto di nuova tassazione solo in base all’altitudine. «Ciò determina una disparità di trattamento tra territori omogenei. In vista dell’allungamento dei termini per versare l’Imu sui terreni agricoli – è l’appello diGenova –, consiglio a tutti verificare al Catasto terreni la situazione: potrebbe essere sfuggito che in questi ultimi decenni i tanti vigneti espiantati e diventati seminativi nel Manzanese sono rimasti catastalmente con l’originaria coltura, magari con rendite elevate che, se non rettificata, sviluppano un’Imu quasi raddoppiata. E visto che gli uffici comunali ritardano a pubblicare un’altra comunicazione importante per i cittadini, la domanda è per i Comuni che come Manzano hanno deliberato l’esenzione dei terreni: che aliquota Imu va applicata?». (s.r.)
 
 

Fuga da Exe: esce anche Manzano

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Fuga da Exe: esce anche Manzano
Il bilancio è in attivo ma dopo Legambiente, Comunità della Carnia, Lignano e Net, continuano gli addii
 
Manzano, 17 Dicembre 2014
È cominciata la fuga da Exe. È ormai soltanto una questione di tempo perché il parterre dei soci della spa a capitale interamente pubblico si riduca alla sola Provincia. Questo nonostante il bilancio al terzo trimestre 2014 sia ritornato in territorio positivo (129 mila euro) grazie all’impegno nel sito sardo della discarica di Bolotana. Oggi il consiglio provinciale è chiamato a discutere le modifiche allo statuto e venerdì è tempo di assemblea per la società attiva nella gestione dei rifiuti, assemblea chiamata ad approvare la riduzione del capitale sociale dopo le ingenti perdite di questi anni. I primi ad andarsene, sono stati i volontari di Legambiente. Quello 0,06 per cento delle quote è stato immediatamente riassorbito da Exe, senza troppi sforzi. Ma ora, considerato che la Provincia detiene circa il 56 per cento delle azioni, viene meno una fetta importante. La Comunità montana della Carnia lascia sul tavolo il 2,6 per cento, il Comune di Lignano il 23. Net (con il 18 per cento), ha già portato a zero la partecipazione in Exe nel proprio bilancio. E ora, dopo che il consiglio comunale aveva deliberato la dismissione delle quote nel 2010, è il turno del Comune di Manzano (meno dell’uno per cento). «Abbiamo già formalizzato la delibera e mandato anche una lettere a Exe per informarli della decisione – spiega il primo cittadino, Mauro Iacumin –. Stiamo predisponendo il bando di vendita delle quote proprio in questi giorni e potrebbe essere pubblicato a breve. Anche perché per il mio Comune Exe non svolge alcun servizio». Exe si trova anche a dovere fare i conti con una causa da 1,3 milioni che la vede contrapposta al Consorzio Udine Ambiente. Causa che è già costata alla spa 72.250 euro, oltre al congelamento delle azioni di Mtf (partecipata a sua volta di Exe). Exe a fine settembre aveva un organico di nove persone, di cui otto con contratto a tempo indeterminato e una unità con contratto a tempo determinato, assunta a tempo determinato fino al marzo 2015 in qualità di operaio nella discarica di Bolotana con un compenso mensile lordo di 1.900 euro. Nel corso del terzo trimestre 2014 la società ha fatto ricorso alla cassa integrazione per un complessivo di 307 ore, di cui 179 per gli operai, 83 per gli impiegati e 45 per i quadri. Analizzando la sola voce relativa a salari e stipendi per il personale nella situazione contabile al 30 settembre, gli stipendi per gli impiegati ammontano a 212 mila euro, 130 mila per i dirigenti e poco meno di 26 mila per gli operai. L’asso nella manica di Exe è la discarica di Bolotana. Ne è convinto anche il collegio sindacale (Giovanni Cucci, Stefano Chiarandini e Andrea Stedile).«Exe nel periodo di riferimento chiuso il 30 settembre ha realizzato in Sardegna un valore della produzione di 1,5 milioni di cui 1,2 derivanti da ricavi delle vendite di prestazioni», scrive il collegio. Più di qualcuno però solleva dubbi sull’opportunità per una partecipata dalla Provincia di Udine di offrire servizi in Sardegna. Ma all’attivo di 129 mila euro concorrono anche gli utili di Mtf, i cui dividendi hanno fruttato 287 mila euro. Michela Zanutto

«Meno tasse? Il merito non è certo di Iacumin»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
«Meno tasse? Il merito non è certo di Iacumin»
Alessio (Progetto): non accetto lezioni dal sindaco su temi come la Tasi e l’addizionale Irpef
 
Manzano, 17 Dicembre 2014
«La minor tassazione applicata nel comune rispetto alle realtà vicine non è certamente un risultato ottenuto da questa amministrazione»: è la posizione del gruppo di opposizione Progetto Manzano, che più volte, come anche nel corso dell’ultima seduta di consiglio comunale, ha puntato il dito contro l’amministrazione guidata dal sindaco Mauro Iacumin, “rea” di aver introdotto la Tasi che, secondo Progetto, poteva essere evitata. «Progetto Manzano – evidenzia il capogruppo Lorenzo Alessio – non accetta lezioni dal sindaco riguardo l’imposizione delle tasse locali. La non applicazione dell’addizionale Irpef comunale è stata una precisa scelta della passata maggioranza e certamente non di questa». I numeri, a detta di Alessio, daranno ragione alla linea di Progetto Manzano, gruppo che è sempre stato «contrario all’imposizione di nuovi balzelli tributari, specialmente in questo particolare momento. Voglio ricordare a Iacumin che le uniche due imposte sulle quali l’amministrazione aveva la possibilità di scegliere circa l’applicazione erano addizionale Irpef e Tasi. Ebbene, l’amministrazione precedente ha saputo far tornare i conti ottimizzando le risorse a disposizione senza mettere mano nelle tasche dei manzanesi, non applicando, appunto, l’addizionale Irpef. Di altro avviso, invece, si è dimostrata questa maggioranza, che pur avendo a disposizione risorse sufficienti ha voluto chiedere ai manzanesi altri 265 mila euro». «E’ fuori strada il primo cittadino quando afferma che tra il 2010 e il 2013 per il Comune di Manzano la tassazione è aumentata del 67% – è la chiosa –. Questa percentuale in aumento è da attribuirsi ai soli tributi imposti dal governo nazionale, in quanto chi ha amministrato precedentemente ha applicato solo ed esclusivamente le aliquote minime. Basta polemiche sterili, confrontiamoci su temi che tengono sotto scacco il nostro territorio come l’Imu sui capannoni, che per 1.500.000 euro prende la strada per Roma». (s.r.)

venerdì 12 dicembre 2014

Superstrada, il M5S all’attacco «Revocare delega ad Autovie»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Superstrada, il M5S all’attacco
«Revocare delega ad Autovie»

Manzano, 12 Dicembre 2014
  «Altro che revoca: la giunta Serracchiani conferma lo stanziamento di 89 milioni di euro per portare avanti il progetto». Con queste parole il portavoce del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Cristian Sergo, contesta duramente quello che egli definisce «l’ennesimo dietrofront della giunta» sulla Palmanova-Manzano. E annuncia che dal suo gruppo verrà chiesta durante il prossimo Consiglio regionale la revoca della delega amministrativa ad Autovie Venete. Spiega Sergo: «L’assessore Santoro, la scorsa settimana, intervenendo in Commissione, ha spiegato che verranno realizzate tre opere tra quelle previste nel progetto originario. Già questa primavera abbiamo sottolineato come, di fatto, tutto resti immutato sull’opera. Probabilmente si è cambiata qualche pagina del progetto, si procederà per stralci e “step” successivi, ma ciò che conta è che si vogliono spendere tutti gli 89 milioni già stanziati dalla giunta Tondo e non solo i 65 di fonte ministeriale ottenuti già nel lontano 2007». «La notizia – prosegue Sergo - ha colto di sorpresa anche l’assessore Bolzonello che, come noi, era convinto che l’assessore Santoro utilizzasse quei fondi per altre opere o infrastrutture...». Insomma, secondo Sergo, che utilizza un gioco di parole per dire che nulla è cambiato, non si parla più della “Palmanova-Manzano”, ma della “Palma” (ovvero il raccordo tra il casello dell’A4 e la sede della Protezione civile), “Nova” (il nuovo ponte di Chiopris Viscone), “Manzano” (la variante a San Giovanni con relativo nuovo ponte sul Natisone). Sergo non entra nel merito di questi interventi sui quali comunque nutre delle perplessità, ma critica innanzitutto il fatto che essi possano comportare la spesa dell’intera cifra stanziata inizialmente per la strada. E critica il fatto che quest’operazione venga fatta passare per un’azione che porti a una riduzione del consumo del suolo. «Dopo aver passato una campagna elettorale promettendo che le risorse risparmiate sarebbero state destinate alle imprese del distretto manzanese, che sono sì in difficoltà ma che si stanno rimboccando le maniche per rilanciare se stesse e il territorio, la maggioranza – prosegue Sergo - compie l’ennesimo dietrofront in tema d’infrastrutture e continua a perseguire la solita logica dell’asfalto/appalto già praticata a Dignano». Il M5S annuncia pertanto che chiederà ufficialmente la revoca ad Autovie Venete. (m.d.m.)

giovedì 11 dicembre 2014

«Ci voleva la Palmanova-Manzano»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
«Ci voleva la Palmanova-Manzano»
 Moschioni: sbagliato lo stop alla strada, serviva anche a turismo e vitivinicoltura. Iacumin: i nostri sono prodotti di qualità

Manzano, 11 Dicembre 2014
   Tante i problemi del Distretto delle sedia, ma tante anche le prospettive di crescita.
La “capitale” In più occasioni Manzano è stata bersagliata come simbolo in declino, con fabbriche chiuse, capannoni vuoti e disoccupazione in crescita. A farsi un giro nella zona industriale, sono diversi i capannoni vuoti. E se da un lato la poca domanda li lascia sfitti, il sindaco Mauro Iacumin rileva che «molti dei capannoni oggi vuoti non sono appetibili a nuovi acquirenti perché non offrono le caratteristiche strutturali necessarie». Altezze non sufficienti, cambio delle normativa sono alcuni degli elementi per cui il cartello affittasi resti appeso sui cancelli. Molti di essi possono essere usati come magazzino, ma l’idea dello stoccaggio di grandi quantità è ormai superata. La maggioranza delle aziende del distretto rimaste in piedi dopo la crisi aveva già una rete di vendita all’estero riuscendo a potenziarla. «Come è stato detto, il nome Manzano è ancora al top e si traduce nel mercato mondiale in prodotti di alta qualità che rappresentano la storia e la qualità di un prodotto che c’è solo qui». In tutto questo c’è spazio anche per le piccole realtà della subfornitura che, abbandonata al logica della guerra con il vicino di casa creando un mercato del terzismo può rappresentare un valore aggiunto per l’area.
Corno di Rosazzo Per il sindaco Daniele Moschioni il giudizio sul distretto troppe volte negativo non rispecchia una realtà dove tante aziende stanno lavorando bene e con impegno. Aziende del legno, ma non solo che però forse meritano maggiore attenzione da una Regione che pare avere dimenticato che per anni il Manzanese è stato il motore dell’economia regionale. Il riferimento diretto è allo stop alla Palmanova-Manzano «dopo che sono stati investiti centinaia di migliaia di euro in un progetto pronto per essere realizzato. Il distretto non è solo legno, non è solo fabbriche di sedie, la nostra è anche una grande zona di produzioni vitivinicole nonché turistica e quella viabilità, che avrebbe tra le altre cose collegato due grandi città patrimonio dell’Unesco come Aquileia e Cividale, sarebbe andata a beneficio di un sistema economico che va oltre il legno».
Altri Comuni Buttrio e Premariacco hanno anch’essi pagato pesantemente la crisi, anche se nel primo caso la risposta c’è stata con un comparto sedia e arredo che ha comunque tenuto bene davanti alla crisi forte di una volontà industriale che già guardava all’estero. Premariacco ha pagato la caduta di grandi aziende, che in lento ma costante declino non hanno saputo cambiare prospettiva e modalità di produzione. In entrambi i territori diverse le realtà che hanno risposto con energia e oggi continuano a lavorare con successo. Silvia Riosa

asdi
Basso: basta campanilismi, serve sinergia
«Per raccogliere bisogna seminare»: una frase fatta, ma che di certo cade a pennello se si guarda alla situazione del Distretto della sedia, di certo complicata, ma non proprio catastrofica. Sul Distretto della sedia e sulla sua situazione economica Loris Basso, vicepresidente di Asdi sedia, ma anche per due mandati sindaco di Corno di Rosazzo, afferma che la politica forse ci ha messo del suo. «Negli anni inevitabilmente sono diminuiti i contributi regionali alle aziende del luogo, che però distribuiti attraverso bandi pubblici hanno finito per tagliare fuori alcune realtà. Il progetto di sostegno alla zona era condiviso, ma la sua attuazione, così come è stata effettuata, non è risultata efficacie». A questo si aggiunge un maggiore ascolto, forse sottovalutato, di coloro che vivendo il territorio meglio di altri possono vedere i punti di forza sui quali puntare. Ovvio, come detto da più parti, che non è più il tempo di stare seduti ad aspettare le telefonate degli acquirenti, che se negli anni Novanta arrivavano numerose, adesso, invece, devono al contrario essere cercati e contattati. «Naturalmente – spiega ancora Basso –, da soli si va poco lontano e, abbandonati i campanilismi, insensati pensando al mercato mondiale, bisogna fare squadra e proporsi con forza sinergica sui mercati esteri. Una cosa, questa, che i Comuni del Distretto della sedia, con i propri rappresentati, sono già abituati a fare da lungo tempo e, anche attraverso Asdi sedia, la tendenza sta dando risultati». (s.r.) 


mercoledì 10 dicembre 2014

Ecco quel che resta della Grande sedia

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Ecco quel che resta della Grande sedia
 In quindici anni le aziende sono passate da 1.110 a 600. Dimezzati gli addetti Si è salvato chi aveva partner commerciali esteri. Il sindacato: fare sistema
Manzano, 10 Dicembre 2014
 Capannoni chiusi, abbandonati. Inghiottiti dalla ruggine. Una ventina di anni fa pullulavano di operai, tecnici e artigiani del legno. Si fabbricavano sedie, un marchio di cui il Friuli andava fiero. In Italia e nel resto del mondo. Oggi quel territorio compreso fra San Giovanni al Natisone, Manzano e Corno di Rosazzo non riesce a rimarginare le ferite provocate dalla crisi. Il triangolo della sedia, così come era conosciuto, non ha più un vertice, nè lati robusti su cui far correre l’economia di una regione. E poco importa se è noto a livello internazionale come il distretto della sedia, con l’aggiunta di altri comuni quali Buttrio, Aiello, Pavia di Udine, Chiopris Viscone, San Vito al Torre, Moimacco e Trivignano Udinese. L’età dell’oro è finita per molti di quegli imprenditori che sulla sedia avevano creato una fortuna. Le cifre sono impietose. Dalla fine degli anni Novanta a oggi delle iniziali 1.110 aziende ne sono rimaste 600. Allora vi erano impiegati 11 mila addetti che al giorno d’oggi sono diventati 5 mila. Una perdita secca del 50 per cento nell’arco di tre lustri. Una botta tremenda per il settore. Un ko dal quale è difficile riprendersi. «Tutto è cominciato negli anni Novanta - spiega Emiliano Giareghi, della Cgil provinciale - quando si cominciarono ad avvertire i primi segnali che anticipavano la tempesta. Fino a quel momento gran parte del successo delle imprese del distretto era legato alla svalutazione della lira. Facendo leva su una marcata vocazione all’export, le aziende potevano sfruttare la leva monetaria per imporre i propri prodotti all’estero. Con l’avvento dell’euro - aggiunge Giareghi - le cose si sono fatte più difficili». Ma a trascinare il settore nel “buco nero” della crisi è stato il tracollo dei mercati finanziari nel 2008. Da allora la caduta è stata inesorabile. E i segni sono visibili, oggi, a occhio nudo. I capannoni chiusi assomigliano a rovine abbandonate. Una consistente fetta di quel triangolo un tempo ricco e fiorente si è trasformata in un enorme reperto “archeologico”. «È uno spettacolo desolante. Il territorio, e mi riferisco agli anni Sessanta e Settanta, si era sviluppato - sottolinea l’esponente sindacale - seguendo uno schema pressochè identico. Chi voleva investire nella sedia, costruiva l’azienda a pochi passi da casa. E questo ha fatto la fortuna anche di chi gravitava attorno: bar, ristoranti, tabacchini». Ma qualcuno è riuscito a schivare lo spettro della chiusura. Chi ha puntato sull’innovazione, ma soprattutto chi aveva i partner commerciali fuori dai confini nazionali. Quelli che vendevano quasi esclusivamente in Italia hanno sofferto tantissimo. E molti si sono arresi. Oggi pensare di rinverdire i fasti del passato è impossibile. «Le piccole imprese, quelle con dieci dipendenti tanto per farci capire, hanno difficoltà a imporsi e a vendere. Chi si è consorziato - precisa Giareghi - si è salvato, chi ha continuato a correre da solo è piombato nel dramma. Ecco, credo che l’unica ricetta per una ditta del settore sia quella di fare sistema. Ma non basta: il distretto della sedia è la cartina di tornasole della situazione in cui versa l’economia italiana. E allora ci vorrebbero meno burocrazia per avviare un’attività imprenditoriale, politiche che rendano attrattivo il territorio, la riduzione del costo del lavoro, l’abbattimento dei costi legati all’energia. Se piccole realtà produttive - secondo il rappresentante della Cgil - riuscissero a collaborare fra loro evitando di farsi la guerra, qualcosa potrebbe migliorare. Ma troppo spesso vige la regola del “mors tua, vita mea”». Tra immaginare soluzioni e metterle in pratica, però, troppo spesso i tempi sono biblici. E così si può anche assistere all’arrivo di imprenditori stranieri che acquistano i capannoni che i friulani sono stati costretti a chiudere. Dapprima francesi e tedeschi, poi spagnoli e oggi cinesi. «Ma il più delle volte - puntualizza Giareghi - si tratta di compratori interessati ad acquisire il portafogli clienti o ad avviare la produzione per l’azienda madre di cui sono propietari in patria». Ma allora, tirando le somme, costruire sedie non conviene più? Il distretto è condannato a una lenta agonia? «Come dicevo prima - afferma il sindacalista - c’è chi è riuscito a evitare gli effetti nefasti della crisi. Le sedie serviranno sempre. Ma stiamo vivendo una fase in cui si registra un drammatico crollo del potere d’acquisto. Una bella sedia, che magari costa 80 euro, viene lasciata lì e le viene preferita una più “ordinaria”, ma per la quale si possono sborsare 20 euro. E magari si scopre che non è stata costruita in Italia. Per cambiare le cose servirebbe una scossa, ma qui parliamo di scelte politiche a livello nazionale. Che, per il momento, non si vedono». Insomma, quello che il Friuli ha perso non ritornerà. Punto e a capo. l’analisi Il presidente dell’Asdi: mercato cambiato, ma il distretto è più vivo che mai «Il distretto della sedia è più vivo che mai. È cambiato il modo di produrre e di vendere che si è adeguato alle richieste del mercato che non sono più quelle di venti anni fa». Questo il punto fermo del direttore dell'Asdi, Carlo Piemonte, che del distretto della sedia vede le grandi potenzialità espresse e ancora da esprimere. Una volta il triangolo era il “luogo” dove dall'estero e dall'Italia i compratori arrivavano per acquistare. «Ora la strategia è cambiata, non c'è più chi viene a comprare, ma sono le aziende che vanno nei grandi mercati a vendere. Le nostre realtà più che “in casa” sono conosciute nel mondo per il design e la qualità che da nessun’altra parte è così di alto livello. Una prospettiva che mette in luce quanto le aziende, piccole o grandi che siano, puntando su tecnologia e professionalità possono raggiungere grandi numeri e fatturati. «Quando vedi che, come per esempio nella settimana del design a Londra, in settembre, architetti da tutto il mondo fanno la fila negli stand delle nostre aziende per vedere e ammirare cosa viene proposto, è evidente che il distretto è tutto tranne che morto». In tutto questo, ruolo fondamentale lo hanno anche le nuove generazioni su cui si deve puntare a partire dalla scuola. «Troppo spesso il giudizio negativo sul territorio della sedia fa si - si affretta a sottolineare Piemonte - che i giovani si avvicinino con maggior difficoltà a una realtà, invece, sempre in cerca di tecnici specializzati o di commerciali». In un territorio in cui la prima voce è il manifatturiero, paradossalmente ci sono più tecnici informatici e creatori di applicazioni per il web che specializzati nel settore della produzione del legno. Ma i numeri raccontano altro. Con alcune aziende che, puntando in special modo sulla professionalità, sulla conoscenza e sulla scoperta di altri mercati non solo non hanno chiuso ma, in qualche caso, addirittura aumentato il fatturato dal 20 al 30% e con esso aumentato anche i posti di lavoro. (s.r.)

L’export vale oltre mezzo miliardo di euro
Ci sono imprese che vendono in Arabia, Russia e Usa. Cambiata la produzione: si punta sull’arredo

MANZANO Il volto del distretto della sedia è profondamente cambiato negli ultimi dieci anni. I dati parlano di un 30-35% di aziende che hanno chiuso. Ma dietro le cifre, a volte sterili (e che se analizzati più a fondo fanno emergere che a chiudere sono state le piccole realtà e le aziende di subfornitura), si nasconde un distretto che vale oltre mezzo miliardo di euro di export, cioè circa il 75% della produzione totale. Percentuale che, in qualche caso, per alcune aziende arriva anche a quasi il 100%. Ma a sopravvivere alla crisi che, inutile nasconderlo, ha picchiato duro, non sono state soltanto le grandi realtà, più forti economicamente e che, quindi, meglio hanno risposto al crollo mondiale dei mercati. Tante anche le piccole che hanno saputo puntare sull’innovazione del prodotto e sulla qualità. Ormai, infatti, non è più il tempo delle grandi produzioni in catena di montaggio che sfornavano milioni di “marocche” tutti uguali. Quelle, ormai, sono state delocalizzate all’estero, nei Paesi asiatici e nell’Est Europa. Qui è rimasto il design, che non più sulla quantità, ha puntato sui mercati di “nicchia” dove la parola d’ordine è qualità di alto livello. Che è fatta di idee, ma anche di certificazioni green, di innovazione e tecnologia e di quel pizzico di italianità e buon gusto che all’estero possono solo tentare di copiare, ma difficilmente eguagliare. Sono cambiati il target e il livello del cliente finale e, di conseguenza, anche il modo di fare impresa e chi nel distretto ha capito in tempo che i clienti non arrivano più in azienda, ma bisognava andarseli a cercare nei mercati di tutto il mondo - dall'Arabia Saudida alla Russia e agli Stati Uniti - ora è più forte di quanto non fosse negli anni d’oro. E con l’internalizzazione per le imprese è arrivato anche il cambio di immagine. Già, perché se prima i produttori non comparivano ora hanno creato una propria identità: il loro “brand” (il marchio) è conosciuto nel mondo e in molti casi è sinonimo indiscusso di qualità. Accanto a questo c’è stata anche un’evoluzione nella produzione con il passaggio dalla storica produzione di sedie e di complementi (come, per esempio, appendiabiti e porta oggetti) ad un recente approccio al mondo dell’imbottito sempre nell’ambito delle sedute, quindi con poltrone e poltroncine. Sino ad esempi di aziende che hanno ampliato la visione ed ora puntano sull’arredo a 360 gradi. In tutto questo le piccole realtà, che sui mercati mondiali forse avrebbero da sole qualche difficoltà a farsi largo tra i colossi, si sono ritagliati lo spazio nella catena di montaggio come fornitori di parti di quello che diventerà il prodotto finale di alto livello.

Ma molti operai sono rimasti senza lavoro e senza una specializzazione: non hanno potuto ricollocarsi
In questo panorama c’è inevitabilmente una parte debole che paga con la disoccupazione la bassa professionalità. Sono tutti quegli operai che, nel momento della crisi, rimasti senza lavoro e senza una specializzazione precisa - che fino a quel momento non era indispensabile - non hanno potuto ricollocarsi e che ora si ritrovano in un vicolo cieco tra il non avere le competenze e le conoscenze che il mercato del lavoro richiede e non avere più l’età per rimettersi a studiare. Un problema che si abbatte non solo in questa parte della regione, dove comunque si registra una diminuzione della cassa integrazione, ma che sfiora punte del 10% di disoccupazione a fronte di una media nazionale del 12,6% e che nel Nordest scende all’8,4%. Davanti a tutto questo, però, c’è anche un dato in controtendenza che apre qualche spiraglio. Nelle aziende del distretto che in questi anni hanno puntato sull’innovazione e sulla tecnologia, i primi risultati incoraggianti e positivi stanno tutti nel più 2,2% di fatturato e in un aumento di otto unità nell’occupazione. Silvia Riosa 


Eppure il made in Manzano all’estero è ancora il top
Il caso della Potocco spa: quasi cento anni di storia e il 90 per cento di export «Prodotto unico, servizi al cliente, innovazione: così la crisi si può superare»


MANZANO Decine di capannoni chiusi, aziende costrette ad alzare bandiera bianca. La Grande Sedia sembra il puff di Fracchia, vacilla, non dà solidità? È vero. La situazione è difficile, i posti di lavoro persi sono scritti ormai nelle statistiche. Ma meglio delle statistiche fa quel panorama desolante attraversando il Distretto. Qui non si scoperchiano ancora i capannoni chiusi per non pagare l’Imu come fanno in diverse parti d’Italia (Veneto compreso), almeno non lo si fa ancora. Ma la geografia del Distretto della sedia nel quadrilatero Manzano, San Giovanni, Corno di Rosazzo e Premariacco è cambiata. Eppure la Grande Sedia, non è morta. Lo dimostrano alcune aziende che ce l’hanno fatta a sopravvivere e ricollocarsi. Ce lo dice il mercato. Il più ambito, quello americano. Negli Usa il made in Italy e soprattutto il Made in Manzano, se si parla di sedie e di legno, è ancora il punto di riferimento. E da oltre oceano (e da Oriente) arriva un’altra bella notizia. La situazione economica sta cambiando. In meglio. Il nostro osservatorio privilegiato è la Potocco spa di Manzano, 90 dipendenti, una di quelle aziende storiche del Distretto che sono sopravvissute allo tsunami. Come? Ce lo racconta l’amministratore unico Antonino Potocco e la manager Silvia Di Palma, che da anni segue il mercato americano. Lei quei clienti di grandi negozi da una costa all’altra li conosce alla perfezione. Sa cosa pensano di noi. E per loro quella Grande Sedia, se fatta con stile, innovazione, passione, amore non è affatto un puff di Fracchia.
Il segreto per sopravvivere nel Distretto è sempre la qualità? «Sì ma non basta. Oggi è fondamentale anticipare le richieste del mercato, proporre un prodotto unico e con caratteristiche speciali. Serve il servizio al cliente».
Come viene vista la Grande Sedia all’estero? «Il made in Italy, quello vero che noi rappresentiamo è ancora un valore molto importante, soprattutto nel settore del lusso. Come ci è stato confermato anche la settimana scorsa a New York, nel mercato americano vi è una netta preferenza per i prodotti di provenienza italiana piuttosto che per quelli prodotti in altre aree del pianeta. Il tocco artigiano e l’esperienza, così come la storia delle aziende familiari così diffuse nel settore dell’arredamento in Italia e soprattutto nel nostro distretto, sono sicuramente degli elementi molto apprezzati. Chi si rivolge alla clientela d’élite, offrendo un prodotto esclusivo per unicità e qualità di esecuzione, vede ancora nel vero made in Italy un elemento chiave, in grado di marcare una netta differenza con gli altri presenti sul mercato».
Un esempio? «Recentemente abbiamo avuto in visita da noi un gruppo consistente di negozianti statunitensi che sono rimasti estremamente entusiasti nel vedere come si lavora qui. In particolar modo, li ha colpiti la costante presenza dell’uomo, in ogni fase del processo produttivo. Quindi un prodotto industriale, ma costruito con le mani e controllato dagli occhi di veri artigiani. E hanno amato profondamente la bellezza della nostra terra e delle nostre città (Udine e Cividale), la bontà del cibo e del vino, l’ospitalità dei friulani».
Insomma il Distretto piace ancora... «Credo che la differenza la faccia l’altissima specializzazione, unita alla storia (che si traduce in esperienza) e al preziosissimo know how della manodopera di cui fortunatamente possiamo avvalerci».
Ma cosa significa proporre un prodotto made in Friuli durante la crisi? «Il made in Italy all’estero aiuta ancora ad aprire le porte. In un mercato invaso da migliaia di prodotti di qualsiasi tipo, qualità e provenienza, la sedia Made in Friuli gode ancora di un valore intrinseco percepito molto alto. E noi, alla Potocco, ci impegnamo quotidianamente affinché questa percezione rimanga inalterata e, anzi, aumenti ulteriormente. Sappiamo infatti che ciò che siamo in grado di offrire noi è di difficile raggiungimento nelle altre realtà industriali mondiali».
Che cosa cerca il mercato americano in una sedia? «Il mercato Usa, dopo anni di consumo di un prodotto di massa, cerca unicità, originalità e il massimo della personalizzazione. Caratteristiche che per noi sono irrinunciabili».
Si intravedono dai vostri viaggi in America segni di ripresa economica? «Sì, specialmente negli Usa. Ma buone notizie arrivano anche dall’Oriente, in cui ci sono i mercati storici e anche quelli emergenti che possono dare belle soddisfazioni. Là vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Purtroppo è la “nostra” Europa che soffre e sulla quale è difficile pianificare le nostre politiche per il medio-lungo termine».
Quanto rappresenta l’export nel vostro fatturato? «La Potocco, prossima a festeggiare i 100 anni della sua storia, oggi ha 90 dipendenti. L’export rappresenta da sempre una parte considerevole del fatturato aziendale, circa il 90%. Al momento i mercati principali sono Usa, Russia ed ex-blocco Sovietico, alcuni Paesi dell’Asia e del Medio Oriente».
Qual è il vostro prodotto di punta? «Ci siamo allontanati dalla concezione di “azienda di sedie” pura e semplice. Oggi offriamo una visione completa dell’area living, con collezioni complete di tavoli, mobili e complementi. Oltre a ciò, punta di diamante della nostra realtà, la possibilità di realizzare il custom made, quindi il prodotto personalizzato completamente sulla base delle esigenze e dei gusti del clienti. Non è facile quindi individuare un prodotto di punta, un best seller, quanto piuttosto un’area di gusto che la fa da padrona: il lusso».
Che consigli vi sentite di dare alle altre aziende del Distretto? «Quello che sicuramente contraddistingue le aziende della nostra zona sono l’altissima specializzazione e la storia. Il nostro consiglio è sicuramente quello di rimanere fedeli alla tradizione e di non lasciarsi tentare da soluzioni apparentemente vantaggiose, ma che allontanino la produzione dal distretto. E cercare di rimanere sempre all’avanguardia nel design, nelle tecnologie e nella qualità del servizio». Chi l’ha fatto sopravvive e tiene ancora alta la bandiera della Grande Sedia. Che sventola ancora nel mondo, nonostante lo tsunami.

martedì 9 dicembre 2014

Genova: «I sindaci incalzino la Regione»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Genova: «I sindaci incalzino la Regione»
 sulla palmanova-manzano

Manzano, 9 Dicembre 2014
Sulla proposta di emendamento del consigliere regionale Riccardi di spostare parte dei fondi per la Palmanova-Manzano interviene l’ex vicesindaco – ora in forza al gruppo di opposizione Ricostruiamo Manzano – Rosario Genova: «Visto è considerato che la Regione ha fatto la sua scelta su come operare sulla strada Palmanova-Manzano, non mi resta che sollecitare i sindaci nel proporre alla Regione di creare presso Friulia un fondo dedicato di 30 milioni di euro per l’innovazione tecnologica e la riconversione industriale del Distretto della sedia.
Così si producono, in funzione delle nuove esigenze di mercato, beni o servizi differenti da quelli precedentemente prodotti o erogati».
Le proposte, dice Genova, devono arrivare dal basso «perché i sindaci sanno cosa serve.
L’assessore Santoro lo scorso ottobre ha fatto delle promesse, vuol dire che anche lei in questa strada così chiacchierata ci ha messo la faccia», conclude Genova. (s.r.) 


«Non toccate i fondi della bretella per il Distretto»

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
«Non toccate i fondi della bretella per il Distretto»
 I sindaci Iacumin e Braida replicano alla proposta di Riccardi «Hanno promesso che i soldi saranno investiti nel territorio»

Manzano, 6 Dicembre 2014
 «I fondi previsti per la bretella Manzano-Palmanova sono destinati al Distretto della Sedia e, quindi, non possono essere dirottati altrove». Lo sostengono i sindaci di Manzano, Mauro Iacumin, e di San Giovanni al Natisone, Valter Braida, che replicano così al consigliere regionale Riccardo Riccardi. Il capogruppo in Regione di Forza Italia, qualche giorno fa, ha annunciato che presenterà un emendamento per un maxi-intervento dopo i crolli avvenuti nella fortezza di Palmanova e, secondo Riccardi, i soldi necessari possono essere attinti dai fondi destinati alla Palmanova-Manzano, la strada di collegamento tra il distretto della sedia al casello dell’A4 che, l’estate scorsa, la Regione ha deciso di stoppare. «I comuni di Manzano e San Giovanni - precisano in una nota comune i due sindaci - stanno collaborando nella valutazione di tutte le opportunità di investimento nell’area, direttamente in infrastrutture o anche come supporto alle imprese, per proporre eventuali alternative alla Regione». «I soldi previsti per la bretella sono stati stanziati per rilanciare il distretto» rivendicano Iacumin e Braida. «Dispiace sentire certe proposte da chi, come assessore alle infrastrutture, ha sempre creduto nel sostegno al nostro territorio, che sta attraversando un periodo di crisi e che, quindi, ha necessità di sostegno in tempi rapidi. Questo non vuol dire che non sia importante provvedere alle opere richieste dalle altre comunità, ma non con i fondi che devono contribuire alla ripresa delle attività industriali e artigianali del Manzanese». Riccardi osserva che il finanziamento di 90 milioni per la Palmanova-Manzano (dei quali 65 dallo Stato e 25 dal bilancio regionale) deve ancora trovare nuova destinazione. La quota regionale, quindi, potrebbe essere destinata alla riqualificazione della fortezza in attesa di indicazioni dallo Stato per il miglior utilizzo dei restati 65. «Durante l’incontro, avvenuto a San Giovanni il 14 ottobre - concludono di due sindaci -, l’assessore Santoro ha promesso che i soldi stanziati saranno, comunque, investiti nel nostro territorio. Noi ci teniamo stretta questa promessa e lavoriamo per presentare alla Regione proposte per lo sviluppo delle nostre aree». Silvia Riosa  


Progetto da 90 milioni stoppato dalla Regione
Il progetto della Palmanova-Manzano del costo di 90 milioni di euro è stato bloccatoo definitivamente dalla Regione la scorsa estate. Una decisione, che aveva sollevato non poche polemiche anche tra gli amministratori in quanto il collegamento per molti rappresentava una fondamentale opportunità di rinascita del distretto. Con la delibera regionale di stralcio del progetto la Regione aveva deciso di veicolare alcuni fondi per il rifacimento del ponte del Torre nel comune di Chiopris Viscone che rappresenta una delle due maggiori criticità funzionali e strutturali nel percorso tra Manzano e Palmanova per un costo di circa 30 milioni di euro. Decisione fortemente criticata soprattutto dall’opposizione di Manzano. Nei mesi scorsi, poi, diversi gli incontri tra l’assessore Santoro e i sindaci del distretto per fare il punto sulle opere da realizzare, in alternativa al progetto della Palmanova-Manzano.(s.r.)

Pro loco Manzano:Cleri o Piasentin per la presidenza

Rassegna Stampa - Dicembre 2014

cav. Rosario Genova

Consigliere Comunale
Pro loco Manzano:Cleri o Piasentin per la presidenza
 Prime indiscrezioni in vista dell’assemblea del 16 dicembre Questa volta è attesa la fumata bianca per il nuovo direttivo

Manzano, 5 Dicembre 2014
   Ci siamo. Martedì 16 dicembre l’assemblea della Pro loco, convocata dalla presidente uscente, Evy Riva, nominerà il nuovo consiglio direttivo. Storia travagliata quella dell’associazione, che dall’assemblea di inizio anno a oggi ha visto non poche polemiche girarle attorno con rivendicazioni e accuse su gestione e bilanci che avevano fatto allontanare parte del direttivo, con i reduci prima soli dopo il commissariamento del Comune, poi affiancati dalla giunta Iacumin, che, caduta l’amministrazione Driutti, accusata da più parti anche di aver voluto imporre la guida della Pro loco, in qualche modo hanno tenuto il punto fino ad arrivare a queste nuove elezioni. Il tentativo di riformare il direttivo c’era già stato per ben due volte, ma sia nell’assemblea precedente le amministrative che in quella subito dopo, erano mancati i candidati. Ora, stando alle dichiarazioni già delle scorse settimane della presidente uscente, le persone ci sono e tra queste anche chi si sarebbe detto disponibile a diventare il nuovo presidente del sodalizio. Sul nome, assoluto riserbo, almeno dall’interno. In paese, invece, le ipotesi si sprecano e i più gettonati sembrano essere Ezio Cleri e Gastone Piasentin. Questione Pro loco che è arrivata di nuovo anche in consiglio comunale, con il gruppo d’opposizione Ricostruiamo Manzano che ha chiesto al sindaco di interessarsi affinché il numero dei componenti del direttivo sia riportato agli originali 15 anziché 9, come previsto dall’attuale statuto. E anche del numero dei componenti si parlerà all’assemblea del 16 nella quale, vista la candidatura di ben 15 persone, ai soci sarà chiesto di votare l’aumento a 11 del direttivo. Dove qualcuno della vecchia guardia potrebbe restare per aiutare i novizi. Silvia Riosa