Rassegna Stampa - Dicembre 2014 |
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sabato 20 dicembre 2014
La Pro loco di Manzano ha finalmente il direttivo
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
Coordinatore del Comitato di Gestione Mensa della scuola primaria a T.P.Eletto nel Consiglio di Circolo–incarico alla giunta esecutiva-della Direz. Didattica Manzano.Segretario della Proloco di Manzano.Presidente Associaz. Genitori Utenti Organiz. Scolastiche Manzano. Nominato Assessore al Commercio, Innovaz. Tecnologiche,Turismo,Territorio e Agricoltura del Comune di Manzano.Insignito dell'Onorificenza di Cavaliere della Repubblica.Medaglia d'argento con spade al merito melitense del S.O.M..Medaglia commemorativa operazioni di pace.Medaglia commemorativa NATO Bosnia-Herzegovina.Croce d'Argento per Anzianità di Servizio.Promosso al grado di V.Brigadiere. Gli viene conferita la medaglia di Bronzo del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Rieletto e nominato alla carica di Vice Sindaco e Assessore alle Innovaz.Tecnologiche,Personale,Patrimonio,Viabilità e Polizia Locale Comune di Manzano; Eletto nel Collegio dei Probiviri dell'Unione Naz.le Cavalieri d'Italia.Medaglia Rossa "Sisma Haiti 2010".
mercoledì 17 dicembre 2014
Genova sull’Imu agricola: «È una tassazione iniqua»
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
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Fuga da Exe: esce anche Manzano
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«Meno tasse? Il merito non è certo di Iacumin»
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venerdì 12 dicembre 2014
Superstrada, il M5S all’attacco «Revocare delega ad Autovie»
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giovedì 11 dicembre 2014
«Ci voleva la Palmanova-Manzano»
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mercoledì 10 dicembre 2014
Ecco quel che resta della Grande sedia
Rassegna Stampa - Dicembre 2014
cav. Rosario Genova
Consigliere Comunale
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Ecco quel che resta della
Grande sedia
In quindici anni le aziende sono passate da
1.110 a 600. Dimezzati gli addetti Si è salvato chi aveva partner commerciali esteri. Il sindacato: fare sistema
Manzano, 10 Dicembre 2014
Capannoni
chiusi, abbandonati. Inghiottiti
dalla ruggine. Una ventina di anni fa pullulavano di operai, tecnici e
artigiani del legno. Si fabbricavano sedie, un marchio di cui il Friuli
andava
fiero. In Italia e nel resto del mondo. Oggi quel territorio compreso
fra San Giovanni al Natisone, Manzano e Corno di Rosazzo non riesce a
rimarginare le ferite provocate dalla crisi. Il triangolo della sedia,
così come era conosciuto, non ha più un vertice, nè lati
robusti su cui far correre l’economia di una regione. E poco importa se è
noto a livello internazionale come il distretto della sedia,
con l’aggiunta di altri comuni quali Buttrio, Aiello, Pavia di Udine,
Chiopris Viscone, San Vito al Torre, Moimacco e Trivignano Udinese.
L’età dell’oro è finita per molti di quegli imprenditori che sulla sedia
avevano creato una fortuna. Le cifre sono
impietose. Dalla fine degli anni Novanta a oggi delle iniziali 1.110
aziende ne sono rimaste 600. Allora vi erano impiegati 11 mila addetti
che al
giorno d’oggi sono diventati 5 mila. Una perdita secca del 50 per cento
nell’arco di tre lustri. Una botta tremenda per il settore. Un ko
dal quale è difficile riprendersi. «Tutto è cominciato negli anni
Novanta - spiega Emiliano Giareghi, della Cgil provinciale -
quando si cominciarono ad avvertire i primi segnali che anticipavano la
tempesta. Fino a quel momento gran parte del successo delle imprese del
distretto era legato alla svalutazione della lira. Facendo leva su una
marcata vocazione all’export, le aziende potevano sfruttare la leva
monetaria per imporre i propri prodotti all’estero. Con l’avvento
dell’euro - aggiunge Giareghi - le cose si sono fatte più
difficili». Ma a trascinare il settore nel “buco nero” della crisi è
stato il tracollo dei mercati finanziari nel 2008. Da
allora la caduta è stata inesorabile. E i segni sono visibili, oggi, a
occhio nudo. I capannoni chiusi assomigliano a rovine abbandonate. Una
consistente fetta di quel triangolo un tempo ricco e fiorente si è
trasformata in un enorme reperto “archeologico”. «È
uno spettacolo desolante. Il territorio, e mi riferisco agli anni
Sessanta e Settanta, si era sviluppato - sottolinea l’esponente
sindacale -
seguendo uno schema pressochè identico. Chi voleva investire nella
sedia, costruiva l’azienda a pochi passi da casa. E questo ha fatto la
fortuna anche di chi gravitava attorno: bar, ristoranti, tabacchini». Ma
qualcuno è riuscito a schivare lo spettro della chiusura. Chi ha
puntato sull’innovazione, ma soprattutto chi aveva i partner commerciali
fuori dai confini nazionali. Quelli che vendevano quasi esclusivamente
in Italia hanno sofferto tantissimo. E molti si sono arresi. Oggi
pensare di rinverdire i fasti del passato è impossibile. «Le piccole
imprese, quelle con dieci dipendenti tanto per farci capire, hanno
difficoltà a imporsi e a vendere. Chi si è consorziato - precisa
Giareghi - si è salvato, chi ha continuato a correre da solo è piombato
nel dramma. Ecco, credo che l’unica ricetta per una ditta
del settore sia quella di fare sistema. Ma non basta: il distretto della
sedia è la cartina di tornasole della situazione in cui versa
l’economia italiana. E allora ci vorrebbero meno burocrazia per avviare
un’attività imprenditoriale, politiche che rendano
attrattivo il territorio, la riduzione del costo del lavoro,
l’abbattimento dei costi legati all’energia. Se piccole realtà
produttive - secondo il rappresentante della Cgil - riuscissero a
collaborare fra loro evitando di farsi la guerra, qualcosa potrebbe
migliorare. Ma
troppo spesso vige la regola del “mors tua, vita mea”». Tra immaginare
soluzioni e metterle in pratica, però, troppo spesso i
tempi sono biblici. E così si può anche assistere all’arrivo di
imprenditori stranieri che acquistano i capannoni che i friulani
sono stati costretti a chiudere. Dapprima francesi e tedeschi, poi
spagnoli e oggi cinesi. «Ma il più delle volte - puntualizza Giareghi
- si tratta di compratori interessati ad acquisire il portafogli clienti
o ad avviare la produzione per l’azienda madre di cui sono propietari
in patria». Ma allora, tirando le somme, costruire sedie non conviene
più? Il distretto è condannato a una lenta agonia?
«Come dicevo prima - afferma il sindacalista - c’è chi è riuscito a
evitare gli effetti nefasti della crisi. Le sedie
serviranno sempre. Ma stiamo vivendo una fase in cui si registra un
drammatico crollo del potere d’acquisto. Una bella sedia, che magari
costa
80 euro, viene lasciata lì e le viene preferita una più “ordinaria”, ma
per la quale si possono sborsare 20 euro. E magari
si scopre che non è stata costruita in Italia. Per cambiare le cose
servirebbe una scossa, ma qui parliamo di scelte politiche a livello
nazionale. Che, per il momento, non si vedono». Insomma, quello che il
Friuli ha perso non ritornerà. Punto e a capo. l’analisi Il
presidente dell’Asdi: mercato cambiato, ma il distretto è più vivo che
mai «Il distretto della sedia è più
vivo che mai. È cambiato il modo di produrre e di vendere che si è
adeguato alle richieste del mercato che non sono più quelle di
venti anni fa». Questo il punto fermo del direttore dell'Asdi, Carlo
Piemonte, che del distretto della sedia vede le grandi potenzialità
espresse e ancora da esprimere. Una volta il triangolo era il “luogo”
dove dall'estero e dall'Italia i compratori arrivavano per
acquistare. «Ora la strategia è cambiata, non c'è più chi viene a
comprare, ma sono le aziende che vanno nei grandi mercati
a vendere. Le nostre realtà più che “in casa” sono conosciute nel mondo
per il design e la qualità che da
nessun’altra parte è così di alto livello. Una prospettiva che mette in
luce quanto le aziende, piccole o grandi che siano,
puntando su tecnologia e professionalità possono raggiungere grandi
numeri e fatturati. «Quando vedi che, come per esempio nella
settimana del design a Londra, in settembre, architetti da tutto il
mondo fanno la fila negli stand delle nostre aziende per vedere e
ammirare cosa
viene proposto, è evidente che il distretto è tutto tranne che morto».
In tutto questo, ruolo fondamentale lo hanno anche le nuove
generazioni su cui si deve puntare a partire dalla scuola. «Troppo
spesso il giudizio negativo sul territorio della sedia fa si - si
affretta a
sottolineare Piemonte - che i giovani si avvicinino con maggior
difficoltà a una realtà, invece, sempre in cerca di tecnici
specializzati o di commerciali». In un territorio in cui la prima voce è
il manifatturiero, paradossalmente ci sono più tecnici
informatici e creatori di applicazioni per il web che specializzati nel
settore della produzione del legno. Ma i numeri raccontano altro. Con
alcune
aziende che, puntando in special modo sulla professionalità, sulla
conoscenza e sulla scoperta di altri mercati non solo non hanno chiuso
ma,
in qualche caso, addirittura aumentato il fatturato dal 20 al 30% e con
esso aumentato anche i posti di lavoro. (s.r.)
L’export vale oltre mezzo miliardo di euro
Ci sono imprese che vendono in Arabia, Russia e Usa.
Cambiata la produzione: si punta sull’arredo
MANZANO
Il volto del distretto della sedia è
profondamente cambiato negli ultimi dieci anni. I dati parlano di un
30-35% di aziende che hanno chiuso. Ma dietro le cifre, a volte sterili
(e che se
analizzati più a fondo fanno emergere che a chiudere sono state le
piccole realtà e le aziende di subfornitura), si nasconde un
distretto che vale oltre mezzo miliardo di euro di export, cioè circa il
75% della produzione totale. Percentuale che, in qualche caso, per
alcune aziende arriva anche a quasi il 100%. Ma a sopravvivere alla
crisi che, inutile nasconderlo, ha picchiato duro, non sono state
soltanto le
grandi realtà, più forti economicamente e che, quindi, meglio hanno
risposto al crollo mondiale dei mercati. Tante anche le piccole che
hanno saputo puntare sull’innovazione del prodotto e sulla qualità.
Ormai, infatti, non è più il tempo delle grandi
produzioni in catena di montaggio che sfornavano milioni di “marocche”
tutti uguali. Quelle, ormai, sono state delocalizzate
all’estero, nei Paesi asiatici e nell’Est Europa. Qui è rimasto il
design, che non più sulla quantità, ha puntato sui
mercati di “nicchia” dove la parola d’ordine è qualità di alto livello.
Che è fatta di idee, ma anche di
certificazioni green, di innovazione e tecnologia e di quel pizzico di
italianità e buon gusto che all’estero possono solo tentare di
copiare, ma difficilmente eguagliare. Sono cambiati il target e il
livello del cliente finale e, di conseguenza, anche il modo di fare
impresa e chi
nel distretto ha capito in tempo che i clienti non arrivano più in
azienda, ma bisognava andarseli a cercare nei mercati di tutto il mondo -
dall'Arabia Saudida alla Russia e agli Stati Uniti - ora è più forte di
quanto non fosse negli anni d’oro. E con
l’internalizzazione per le imprese è arrivato anche il cambio di
immagine. Già, perché se prima i produttori non
comparivano ora hanno creato una propria identità: il loro “brand” (il
marchio) è conosciuto nel mondo e in molti casi
è sinonimo indiscusso di qualità. Accanto a questo c’è stata anche
un’evoluzione nella produzione con il passaggio
dalla storica produzione di sedie e di complementi (come, per esempio,
appendiabiti e porta oggetti) ad un recente approccio al mondo
dell’imbottito sempre nell’ambito delle sedute, quindi con poltrone e
poltroncine. Sino ad esempi di aziende che hanno ampliato la visione
ed ora puntano sull’arredo a 360 gradi. In tutto questo le piccole
realtà, che sui mercati mondiali forse avrebbero da sole qualche
difficoltà a farsi largo tra i colossi, si sono ritagliati lo spazio
nella catena di montaggio come fornitori di parti di quello che
diventerà il prodotto finale di alto livello.
Ma molti operai
sono rimasti senza lavoro e senza una specializzazione: non hanno potuto ricollocarsi
In
questo panorama c’è inevitabilmente
una parte debole che paga con la disoccupazione la bassa
professionalità. Sono tutti quegli operai che, nel momento della crisi,
rimasti senza
lavoro e senza una specializzazione precisa - che fino a quel momento
non era indispensabile - non hanno potuto ricollocarsi e che ora si
ritrovano in
un vicolo cieco tra il non avere le competenze e le conoscenze che il
mercato del lavoro richiede e non avere più l’età per
rimettersi a studiare. Un problema che si abbatte non solo in questa
parte della regione, dove comunque si registra una diminuzione della
cassa
integrazione, ma che sfiora punte del 10% di disoccupazione a fronte di
una media nazionale del 12,6% e che nel Nordest scende all’8,4%. Davanti
a tutto questo, però, c’è anche un dato in controtendenza che apre
qualche spiraglio. Nelle aziende del distretto che in questi
anni hanno puntato sull’innovazione e sulla tecnologia, i primi
risultati incoraggianti e positivi stanno tutti nel più 2,2% di
fatturato
e in un aumento di otto unità nell’occupazione. Silvia Riosa
Eppure il made in Manzano all’estero è ancora il
top
Il caso della Potocco spa: quasi cento anni di storia
e il 90 per cento di export «Prodotto unico, servizi al cliente, innovazione: così la crisi si può
superare»
MANZANO
Decine di capannoni chiusi, aziende costrette
ad alzare bandiera bianca. La Grande Sedia sembra il puff di Fracchia,
vacilla, non dà solidità? È vero. La situazione è
difficile, i posti di lavoro persi sono scritti ormai nelle statistiche.
Ma meglio delle statistiche fa quel panorama desolante attraversando il
Distretto. Qui non si scoperchiano ancora i capannoni chiusi per non
pagare l’Imu come fanno in diverse parti d’Italia (Veneto compreso),
almeno non lo si fa ancora. Ma la geografia del Distretto della sedia
nel quadrilatero Manzano, San Giovanni, Corno di Rosazzo e Premariacco è
cambiata. Eppure la Grande Sedia, non è morta. Lo dimostrano alcune
aziende che ce l’hanno fatta a sopravvivere e ricollocarsi. Ce lo
dice il mercato. Il più ambito, quello americano. Negli Usa il made in
Italy e soprattutto il Made in Manzano, se si parla di sedie e di legno,
è ancora il punto di riferimento. E da oltre oceano (e da Oriente)
arriva un’altra bella notizia. La situazione economica sta cambiando.
In meglio. Il nostro osservatorio privilegiato è la Potocco spa di
Manzano, 90 dipendenti, una di quelle aziende storiche del Distretto che
sono sopravvissute allo tsunami. Come? Ce lo racconta l’amministratore
unico Antonino Potocco e la manager Silvia Di Palma, che da anni segue
il
mercato americano. Lei quei clienti di grandi negozi da una costa
all’altra li conosce alla perfezione. Sa cosa pensano di noi. E per loro
quella Grande Sedia, se fatta con stile, innovazione, passione, amore
non è affatto un puff di Fracchia.
Il segreto per sopravvivere nel Distretto
è sempre la qualità? «Sì ma non basta. Oggi è fondamentale anticipare le richieste del mercato, proporre un
prodotto unico e con caratteristiche speciali. Serve il servizio al cliente».
Come viene vista la Grande Sedia
all’estero? «Il made in Italy, quello vero che noi
rappresentiamo è ancora un valore molto importante, soprattutto nel
settore del lusso. Come ci è stato confermato anche la settimana scorsa a
New York, nel mercato americano vi è una netta preferenza per
i prodotti di provenienza italiana piuttosto che per quelli prodotti in
altre aree del pianeta. Il tocco artigiano e l’esperienza, così
come la storia delle aziende familiari così diffuse nel settore
dell’arredamento in Italia e soprattutto nel nostro distretto, sono
sicuramente degli elementi molto apprezzati. Chi si rivolge alla
clientela d’élite, offrendo un prodotto esclusivo per unicità e
qualità di esecuzione, vede ancora nel vero made in Italy un elemento
chiave, in grado di marcare una netta differenza con gli altri presenti
sul mercato».
Un esempio?
«Recentemente
abbiamo avuto in visita da noi un gruppo consistente di negozianti
statunitensi che sono rimasti estremamente entusiasti nel vedere come si
lavora
qui. In particolar modo, li ha colpiti la costante presenza dell’uomo,
in ogni fase del processo produttivo. Quindi un prodotto industriale, ma
costruito con le mani e controllato dagli occhi di veri artigiani. E
hanno amato profondamente la bellezza della nostra terra e delle nostre
città (Udine e Cividale), la bontà del cibo e del vino, l’ospitalità dei
friulani».
Insomma il Distretto piace ancora...
«Credo che la differenza la faccia l’altissima specializzazione, unita
alla storia (che si traduce in esperienza) e al preziosissimo know
how della manodopera di cui fortunatamente possiamo avvalerci».
Ma cosa significa proporre un prodotto made
in Friuli durante la crisi? «Il made in Italy all’estero aiuta
ancora ad aprire le porte. In un mercato invaso da migliaia di
prodotti di qualsiasi tipo, qualità e provenienza, la sedia Made in
Friuli gode ancora di un valore intrinseco percepito molto alto. E noi,
alla Potocco, ci impegnamo quotidianamente affinché questa percezione
rimanga inalterata e, anzi, aumenti ulteriormente. Sappiamo infatti che
ciò che siamo in grado di offrire noi è di difficile raggiungimento
nelle altre realtà industriali mondiali».
Che cosa cerca il mercato americano in una
sedia? «Il mercato Usa, dopo anni di consumo di un prodotto di massa, cerca unicità, originalità e il massimo della
personalizzazione. Caratteristiche che per noi sono irrinunciabili».
Si intravedono dai vostri viaggi in America
segni di ripresa economica? «Sì, specialmente negli Usa. Ma
buone notizie arrivano anche dall’Oriente, in cui ci sono i
mercati storici e anche quelli emergenti che possono dare belle
soddisfazioni. Là vive la stragrande maggioranza della popolazione
mondiale.
Purtroppo è la “nostra” Europa che soffre e sulla quale è difficile
pianificare le nostre politiche per il medio-lungo
termine».
Quanto rappresenta l’export nel vostro
fatturato? «La Potocco, prossima a festeggiare i 100 anni della
sua storia, oggi ha 90 dipendenti. L’export rappresenta da sempre
una parte considerevole del fatturato aziendale, circa il 90%. Al
momento i mercati principali sono Usa, Russia ed ex-blocco Sovietico,
alcuni Paesi
dell’Asia e del Medio Oriente».
Qual è il vostro prodotto di
punta? «Ci siamo allontanati dalla concezione di “azienda di
sedie” pura e semplice. Oggi offriamo una visione completa
dell’area living, con collezioni complete di tavoli, mobili e
complementi. Oltre a ciò, punta di diamante della nostra realtà, la
possibilità di realizzare il custom made, quindi il prodotto
personalizzato completamente sulla base delle esigenze e dei gusti del
clienti.
Non è facile quindi individuare un prodotto di punta, un best seller,
quanto piuttosto un’area di gusto che la fa da padrona: il
lusso».
Che consigli vi sentite di dare alle altre
aziende del Distretto? «Quello che sicuramente contraddistingue
le aziende della nostra zona sono l’altissima specializzazione e
la storia. Il nostro consiglio è sicuramente quello di rimanere fedeli
alla tradizione e di non lasciarsi tentare da soluzioni apparentemente
vantaggiose, ma che allontanino la produzione dal distretto. E cercare
di rimanere sempre all’avanguardia nel design, nelle tecnologie e nella
qualità del servizio». Chi l’ha fatto sopravvive e tiene ancora alta la
bandiera della Grande Sedia. Che sventola ancora nel mondo,
nonostante lo tsunami.
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
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martedì 9 dicembre 2014
Genova: «I sindaci incalzino la Regione»
Rassegna Stampa - Dicembre 2014
cav. Rosario Genova
Consigliere Comunale
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Genova: «I sindaci incalzino la
Regione»
sulla palmanova-manzano
Manzano, 9 Dicembre 2014
Sulla proposta di emendamento del consigliere
regionale Riccardi di spostare parte dei fondi per la Palmanova-Manzano interviene l’ex vicesindaco – ora in forza al gruppo di
opposizione Ricostruiamo Manzano – Rosario Genova:
«Visto è considerato che la Regione ha fatto la sua scelta su
come operare sulla strada Palmanova-Manzano, non mi resta che
sollecitare i sindaci nel proporre alla Regione di creare presso Friulia
un fondo
dedicato di 30 milioni di euro per l’innovazione tecnologica e la
riconversione industriale del Distretto della sedia.
Così si producono, in funzione delle nuove
esigenze di mercato, beni o servizi differenti da quelli precedentemente prodotti o erogati».
Le proposte, dice Genova, devono
arrivare dal basso «perché i sindaci sanno cosa serve.
L’assessore Santoro lo scorso ottobre ha fatto
delle promesse, vuol dire che anche lei in questa strada così chiacchierata ci ha messo la faccia», conclude Genova.
(s.r.)
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
Coordinatore del Comitato di Gestione Mensa della scuola primaria a T.P.Eletto nel Consiglio di Circolo–incarico alla giunta esecutiva-della Direz. Didattica Manzano.Segretario della Proloco di Manzano.Presidente Associaz. Genitori Utenti Organiz. Scolastiche Manzano. Nominato Assessore al Commercio, Innovaz. Tecnologiche,Turismo,Territorio e Agricoltura del Comune di Manzano.Insignito dell'Onorificenza di Cavaliere della Repubblica.Medaglia d'argento con spade al merito melitense del S.O.M..Medaglia commemorativa operazioni di pace.Medaglia commemorativa NATO Bosnia-Herzegovina.Croce d'Argento per Anzianità di Servizio.Promosso al grado di V.Brigadiere. Gli viene conferita la medaglia di Bronzo del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Rieletto e nominato alla carica di Vice Sindaco e Assessore alle Innovaz.Tecnologiche,Personale,Patrimonio,Viabilità e Polizia Locale Comune di Manzano; Eletto nel Collegio dei Probiviri dell'Unione Naz.le Cavalieri d'Italia.Medaglia Rossa "Sisma Haiti 2010".
«Non toccate i fondi della bretella per il Distretto»
Rassegna Stampa - Dicembre 2014 |
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
Coordinatore del Comitato di Gestione Mensa della scuola primaria a T.P.Eletto nel Consiglio di Circolo–incarico alla giunta esecutiva-della Direz. Didattica Manzano.Segretario della Proloco di Manzano.Presidente Associaz. Genitori Utenti Organiz. Scolastiche Manzano. Nominato Assessore al Commercio, Innovaz. Tecnologiche,Turismo,Territorio e Agricoltura del Comune di Manzano.Insignito dell'Onorificenza di Cavaliere della Repubblica.Medaglia d'argento con spade al merito melitense del S.O.M..Medaglia commemorativa operazioni di pace.Medaglia commemorativa NATO Bosnia-Herzegovina.Croce d'Argento per Anzianità di Servizio.Promosso al grado di V.Brigadiere. Gli viene conferita la medaglia di Bronzo del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Rieletto e nominato alla carica di Vice Sindaco e Assessore alle Innovaz.Tecnologiche,Personale,Patrimonio,Viabilità e Polizia Locale Comune di Manzano; Eletto nel Collegio dei Probiviri dell'Unione Naz.le Cavalieri d'Italia.Medaglia Rossa "Sisma Haiti 2010".
Pro loco Manzano:Cleri o Piasentin per la presidenza
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Sposato con 2 figli Fabio e Alessandro. Abito a Manzano dal 1991.La mia famiglia è originaria di Trapani.Mi sono trasferito a Udine per lavoro nel 1985.Le mie attività sociali:
Coordinatore del Comitato di Gestione Mensa della scuola primaria a T.P.Eletto nel Consiglio di Circolo–incarico alla giunta esecutiva-della Direz. Didattica Manzano.Segretario della Proloco di Manzano.Presidente Associaz. Genitori Utenti Organiz. Scolastiche Manzano. Nominato Assessore al Commercio, Innovaz. Tecnologiche,Turismo,Territorio e Agricoltura del Comune di Manzano.Insignito dell'Onorificenza di Cavaliere della Repubblica.Medaglia d'argento con spade al merito melitense del S.O.M..Medaglia commemorativa operazioni di pace.Medaglia commemorativa NATO Bosnia-Herzegovina.Croce d'Argento per Anzianità di Servizio.Promosso al grado di V.Brigadiere. Gli viene conferita la medaglia di Bronzo del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Rieletto e nominato alla carica di Vice Sindaco e Assessore alle Innovaz.Tecnologiche,Personale,Patrimonio,Viabilità e Polizia Locale Comune di Manzano; Eletto nel Collegio dei Probiviri dell'Unione Naz.le Cavalieri d'Italia.Medaglia Rossa "Sisma Haiti 2010".
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