“Cjadreis”,
docu-film
sul Distretto della sedia che cambia e resiste
Anteprima friulana il 26 all’azienda Billiani
di Manzano. L’autrice Alessandra Beltrame: «Uno specchio dell’Italia»
Manzano, 14 ottobre 2012
Alessandra
Beltrame, giornalista, blogger e videomaker, collaboratrice
del Messaggero Veneto, ha realizzato un documentario dedicato al
Distretto della sedia, dal titolo Cjadreis. Il filmato, dopo aver
partecipato a un festival di cinema a Milano, sarà proiettato in anteprima
in Friuli il 26 ottobre a Manzano, negli spazi industriali dell’azienda
Billiani, una delle protagoniste del doc, con la partecipazione dell’autore
della colonna sonora, il pianista e compositore jazz Gaetano Liguori, per
la prima volta in concerto in Friuli. Abbiamo chiesto ad Alessandra
Beltrame di raccontarci la genesi e la realizzazione del suo lavoro.
«“A
Manzano sono tutti seggiolai”, diceva mio nonno che da lì se n’era andato
per venire in città. Un ragazzo antifascista nel Ventennio. Poi suo figlio,
mio padre, con i seggiolai aveva cominciato a lavorare. Anzi, con il legno,
per essere precisi. “Sono tutti seggiolai”. Più mi allontanavo dal Friuli e
più questa frase mi risuonava in testa. Era una constatazione: nei tempi
d’oro, nei tre comuni del Distretto, c’erano 11 mila persone che facevano cjadreis,
sedie, in un territorio con 16 mila abitanti. Tolti i bambini e gli
anziani, praticamente tutti. Il Triangolo della Sedia è arrivato a produrre
il 60 per cento delle sedie nazionali e il 30 di quelle mondiali».
Eppure
oggi dei fasti di un tempo è rimasto un pallido ricordo. La sedia gigante,
malamente messa a mo’ di svincolo, testimonia più la disfatta che il
trionfo. In quattro anni si sono persi tremila posti. All’Ipsia di San
Giovanni al Natisone le iscrizioni sono vicine allo zero. I giovani non
vogliono più fare il mestiere dei loro padri. Eppure c’è chi resiste, e lo
fa bene. Eppure c’è chi continua una tradizione secolare che è parte
integrante della cultura e dell’identità della comunità. Per fortuna. Ma
per quanto ancora? «Di questo – dice l’autrice – ho voluto parlare. Il
Triangolo della sedia mi sembra il perfetto microcosmo per raccontare
l'Italia industriale che cambia.
Ho
chiamato questo progetto Cjadreis (on line anche su http://www.alessandrabeltrame.it/?cat=9).
Perché, se
le sedie si fanno in tutto il mondo, dalla Romania alla Cina, le cjadreis,
belle, solide, soprattutto di legno, si continuano a fare ancora e solo
qui».
E dunque
il documentario: «Da un po’ di tempo mi occupo del cinéma du réel,
il cinema della realtà. Un definizione che mi piace: mi affascina applicare
le tecniche cinematografiche al racconto di una storia vera. Passare dal
giornalismo scritto all’uso delle immagini è stato naturale. Ho avuto il
piacere di vedere selezionato Cjadreis in un concorso per
documentari, The Village Doc Festival, che si è svolto in giugno a
Milano. E ho la presunzione di pensare che, grazie al mio docu-film, si
parli di cjadreis con un occhio diverso, che aspira a unire bellezza
e verità. Una verità che può anche essere cruda ma, credo, necessaria. In
occasione del festival sono stata fra i relatori di un convegno sulla
produzione audiovisiva indipendente, confrontandomi con altri filmmakers
e con i presidenti delle Film Commission di Lombardia e Liguria».
Come ha
realizzato il film? «Ho scelto quattro imprenditori, ciascuno con una
storia originale da raccontare, su cui prima ho realizzato dei corti ad
hoc dal titolo emblematico: La quarta generazione (Luigi
Billiani), Il fondatore (Antonino Potocco), Profumo di sedia
(Gianni Urbancig), Il volo (Luigino Cozzi). Ma ho raccontato anche
chi il lavoro non lo ha più, i “fantasmi” del Distretto. Ho chiuso il cerchio
con la storica del design Anna Lombardi. Ho pensato che le musiche
jazz di Gaetano Liguori fossero perfette come colonna sonora e ho aggiunto
un tocco di Friuli con Aldo Giavitto e Lino Straulino, grazie al produttore
Valter Colle. E ringrazio tutti quelli che hanno accettato di raccontarsi
davanti all’occhio della videocamera e al microfono. Senza di loro,
Cjadreis non esisterebbe». (r.c.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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