Gli imprenditori bocciano il by-pass di San
Giovanni
Giudicate inutili le infrastrutture viarie
proposte dalla Regione per 32 milioni «Uno spreco di soldi e territorio». Sollecitato il rilancio delle aziende per il
lavoro
SAN GIOVANNI AL NATISONE, 18 Gennaio 2015
La scelta sulla realizzazione o meno del
by-pass di San Giovanni è stata demandata dalla Regione alle
amministrazioni comunali di San Giovanni al Natisone e Manzano.
L’ipotizzata
strada congiungerà il nuovo ponte sul Torre a Viscone con la rotonda “di
Calligaris” lungo la strada regionale 56, realizzando un
nuovo ponte sul Natisone a Bolzano. Un’opera da 32 milioni di euro che,
qualora l’intervento non fosse realizzato, sarebbero parzialmente
o totalmente dirottati su progetti proposti dalle due amministrazioni
per il rilancio del territorio. Una strada lascia riversare sulla
vecchia
Palmarina tutto il traffico della zona industriale di Chiopris Viscone e
di Medeuzza, mentre per il collegamento con l’area de La Brava è
prevista una piccola bretella. Risulterebbe un’opera destinata a ridurre
il tempo di percorrenza tra Viscone e Manzano di 30 secondi, senza
portare benefici alle realtà di Villanova, Cascina Rinaldi, Dolegnano e
Corno di Rosazzo. «Dobbiamo spendere 32 milioni per devastare il
Natisone – ha commentato Franco Bulfoni, ex imprenditore, ormai in
pensione nel corso dell’assemblea pubblica –? Credo di no.
Allarghiamo la Palmarina con poca spesa. Nella zona de La Brava nessuno
ha detto che è a favore. Si fa fatica a pagare le tasse e poi si
sprecano i soldi». «Questo by-pass è un’opera inutile e non è da fare –
dice Lucio Bergamasco, titolare della
Comec di Cascina Rinaldi –. Mi sono confrontato anche con altri
imprenditori della zona e la posizione dell’amministrazione di San
Giovanni per il no è corretta. È uno spreco di territorio e soldi. Per
il territorio serve il rilancio delle imprese per creare lavoro.
Se queste infrastrutture non portano lavoro non si risolvono i problemi.
C’è tanta disoccupazione e artigiani e piccole imprese a volte
non hanno lavoro e non riescono nemmeno a chiudere l’attività perché
devono prima saldare i debiti. Ci sono troppi capannoni
vuoti, cosa ne facciamo? Ci sono aree industriali da bonificare e che
vanno riqualificate per tornare a riempirli di lavoro e occupazione».
«Le zone industriali non devono morire – commenta Massimiliano Zamò
presidente del Gruppo giovani imprenditori di Udine –.
Devono essere competitive e attrattive per tutti e devono avere, oltre
alle strade, anche le infrastrutture tecnologiche. Va fatta un’azione
sinergica con le amministrazioni del distretto. Al centro devono esserci
il benessere delle aziende ed è necessario dare un piano industriale
condiviso. Sono importanti le infrastrutture viarie, ma parliamo anche
di banda larga, così come si deve ragionare in termini di
fiscalità di vantaggio per attrarre nuovi investimenti anche per aziende
di altri settori».
Gessica Mattalone
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